L'Apocalisse di Giovanni

Apocalisse” è diventata ormai quasi sinonimo di catastrofe, rovina e distruzione. Oggi è “apocalittico” ogni tentativo di sovvertire l’ordine sociale vigente. Per questa ragione, secondo una tesi storiografica largamente diffusa, ogni movimento rivoluzionario nato in Europa dall’antichità a oggi, compreso lo stesso terrorismo, avrebbe le sue radici, in modo consapevole o meno, nel libro di Giovanni. Tutto questo deriva da una interpretazione dell’Apocalisse, affermatasi in epoca moderna, che vede nel libro la predizione del ritorno di Cristo in terra a distruggere i suoi nemici e quelli della sua Chiesa. Il libro in effetti parla di una prossima venuta di Cristo. Tuttavia, confortati da testimonianze risalenti ai primi secoli cristiani, si può argomentare (come fa Eugenio Corsini) che la “venuta” di Gesù Cristo, di cui si parla nell’Apocalisse, non sia quella che si verificherà alla fine dei tempi, bensì la “venuta” che si verifica da sempre all’interno della storia umana, e che ha il suo culmine nella venuta storica di Cristo (incarnazione, morte e risurrezione) e che continua nella sua venuta perenne all’interno della comunità ecclesiale. In questo senso, tutta la storia umana è “apocalisse”, cioè rivelazione di Gesù Cristo.


Il testo greco dell’Apocalisse

File MP3, pronuncia greca classica

www.greeklatinaudio.com

http://www.helding.net/greeklatinaudio/greek/revelation/


Prima ambientazione nell’Apocalisse


 

Lezioni 1-2: Rilievi introduttivi  (L'apocalittica giovannea)

 

Tracce della lezione PDF

Dal greco apocalypticós (rivelatore, illuminante), il termine indica l’insieme degli scritti, per lo più appartenenti alla tradizione giudaica, che contengono rivelazioni riguardanti la fine dei tempi. Composti in periodi di tribolazione, tentano di leggere la storia alla luce della visione religiosa biblica; la storia, di conseguenza, è vista come il luogo di un conflitto drammatico tra la potenza del bene e quella del male, che comunque non sfugge alla signoria di Dio. La modalità espositiva impiegata è quella del sogno e della visione e il linguaggio fa ampio ricorso al simbolismo naturale, animale e aritmetico, talvolta di difficile interpretazione. I primi testi apocalittici sono contenuti nei libri biblici dei grandi profeti sorti dopo l’esilio di Babilonia (a partire dal sec. V): Ezechiele (capp. 38-39), Isaia (capp. 24-27 e 34-35) e soprattutto Daniele, che è il testo dell’Antico Testamento più caratterizzato in questo senso. Testi apocalittici sono presenti anche nel Nuovo Testamento; oltre all’Apocalisse di Giovanni, molto nota è l’“apocalisse sinottica” che riporta il
discorso di Gesù sulle realtà ultime (Mc 13,1-31; Mt 24,1-44; Lc 21,5-36).


Per approfondire:


Lezioni 3-4: Le sette lettere (Efeso e Smirne)

 

Tracce della lezione 

 

«Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente» (Ap 1,17-18)
Il Risorto sta sempre con noi
In un tempo di persecuzione, di tribolazione e di smarrimento per la Chiesa all'epoca dell'Autore dell'Apocalisse (cfr Ap 1,9), la parola che risuona nella visione è una parola di speranza: "Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi" (Ap 1,17-18). Siamo messi così di fronte al Vangelo, al "lieto annuncio", che è Gesù Cristo stesso. Egli è il Primo e l'Ultimo: in Lui tutta la storia trova inizio, senso, direzione, compimento; in Lui e con Lui, nella sua morte e risurrezione, tutto è già stato detto. È il Vivente: era morto, ma ora vive per sempre. Egli è l'Agnello che sta ritto in mezzo al trono di Dio (cfr Ap 5,6): è immolato, perché ha effuso il suo sangue per noi sul legno della croce; è ritto in piedi, perché è tornato in vita per sempre e ci ha mostrato l'infinita onnipotenza dell'amore del Padre. Egli tiene saldamente nelle sue mani le sette stelle (cfr Ap 1,16), cioè la Chiesa di Dio perseguitata, in lotta contro il male e contro il peccato, ma che ha ugualmente il diritto di essere lieta e vittoriosa, perché è nelle mani di Colui che ha già vinto il male. Egli cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro (cfr Ap 2,1): è presente e attivo nella sua Chiesa in preghiera. Egli è anche "colui che viene" (Ap 1,4) mediante la missione e l'azione della Chiesa lungo la storia; viene come mietitore escatologico, alla fine dei tempi, per portare a compimento tutte le cose (cfr Ap 14,15-16; 22,20). Ecclesia in Europa, 6.



Lezioni 5-6: Le sette lettere (Pergamo e Tiatira)

 

Tracce della lezione 

 

«Svegliati e rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire» (Ap 3,2)

Il Signore chiama alla conversione: Gesù si rivolge oggi alle nostre Chiese


«Così parla Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d’oro [...], il Primo e l’Ultimo, che era morto ed è tornato alla vita [...], il Figlio di Dio » (Ap 2,1.8.18). È Gesù stesso che parla alla sua Chiesa. Il suo messaggio è rivolto a tutte le singole Chiese particolari e riguarda la loro vita interna, a volte contrassegnata dalla presenza di concezioni e mentalità incompatibili con la tradizione evangelica, spesso attraversata da diverse forme di persecuzione e, ancora più pericolosamente, insidiata da sintomi preoccupanti di mondanizzazione, di perdita della fede primitiva, di compromesso con la logica del mondo. Non di rado le comunità non hanno più l’amore di un tempo (cfr Ap 2,4). Si osserva come le nostre comunità ecclesiali siano alle prese con debolezze, fatiche, contraddizioni. Anch’esse hanno bisogno di riascoltare la voce dello Sposo, che le invita alla conversione, le sprona all’ardimento di cose nuove e le chiama a impegnarsi nella grande opera della «nuova evangelizzazione». La Chiesa deve costantemente sottomettersi al giudizio della parola di Cristo, e vivere la sua dimensione umana in uno stato di purificazione per essere sempre più e sempre meglio la Sposa senza macchia né ruga, adorna di una veste di lino puro splendente (cfr Ef 5,27; Ap 19,7-8). In tal modo Gesù Cristo chiama le nostre Chiese in Europa alla conversione ed esse, con il loro Signore e in forza della sua presenza, diventano apportatrici di speranza per l’umanità. Ecclesia in Europa, 23.




Lezioni 7-8: Le sette lettere (Sardi e Filadelfia)

 

Tracce della lezione 

 

«Prendi il libro aperto [...] e divoralo» (Ap 10,8.9)

Proclamare il mistero di Cristo: la rivelazione dà senso alla storia

La visione dell’Apocalisse ci parla di «un libro a forma di rotolo, scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli», tenuto «nella mano destra di Colui che era assiso sul trono» (Ap 5,1). Questo testo contiene il piano creatore e salvifico di Dio, il suo progetto dettagliato su tutta la realtà, sulle persone, sulle cose, sugli avvenimenti. Nessun essere creato, terrestre o celeste, è in grado di «aprire il libro e di leggerlo» (Ap 5,3), ossia di comprenderne il contenuto. Nella confusione delle vicende umane, nessuno sa dire la direzione e il senso ultimo delle cose. Solo Gesù Cristo entra in possesso del volume sigillato (cfrAp 5,6-7); solo Lui è «degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli» (Ap 5,9). Solo Gesù, infatti, è in grado di rivelare e attuare il progetto di Dio racchiuso in esso. Lasciato a se stesso, lo sforzo dell’uomo non è in grado di dare un senso alla storia e alle sue vicende: la vita rimane senza speranza. Solo il Figlio di Dio è in grado di dissipare le tenebre e di indicare la strada. Il volume aperto viene consegnato a Giovanni e, tramite lui, alla Chiesa intera. Giovanni è invitato a prendere il libro e a divorarlo: «Va’, prendi il libro aperto dalla mano dell’angelo, che sta ritto sul mare e sulla terra [...] Prendilo e divoralo» (Ap 10,8-9). Solo dopo averlo assimilato in profondità, potrà comunicarlo adeguatamente agli altri, ai quali è mandato con l’ordine di «profetizzare ancora su molti popoli, nazioni e re» (Ap 10,11).  Ecclesia in Europa, 44.

 


Lezioni 9-10: Le sette lettere (Laodicea) e la vittoria della hypomoné

 

Tracce della lezione 

 

«Conosco le tue opere, la carità, la fede, il servizio e la costanza» (Ap 2,19)

La via dell’amore

La parola che lo Spirito dice alle Chiese contiene un giudizio sulla loro vita. Esso riguarda fatti e comportamenti: «Conosco le tue opere» è l’introduzione che, quasi come un ritornello e con poche varianti, compare nelle lettere scritte alle sette Chiese. Quando le opere risultano positive, sono frutto della fatica, della costanza, della sopportazione delle prove, della tribolazione, della povertà, della fedeltà nelle persecuzioni, della carità, della fede, del servizio. In questo senso esse possono essere lette come la descrizione di una Chiesa che, oltre ad annunciare e a celebrare la salvezza che le viene dal Signore, la “vive” concretamente. Per servire il Vangelo della speranza, anche alla Chiesa che vive in Europa è chiesto di seguire la strada dell’amore. È strada che passa attraverso la carità evangelizzante, l’impegno multiforme nel servizio, la decisione per una generosità senza soste né confini. 

Ecclesia in Europa, 83.


Lezioni 11-12: Gerusalemme nuova (Ap 21-22) - la vita con l'Agnello

 

Tracce della lezione 

 


«Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme,scendere dal cielo» (Ap 21,2)

La novità di Dio nella storia

Il Vangelo della speranza che risuona nell’Apocalisse apre il cuore alla contemplazione della novità operata da Dio: «Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più» (Ap 21,1). È Dio stesso a proclamarla con una parola che offre la spiegazione della visione appena descritta: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5). La novità di Dio – pienamente comprensibile sullo sfondo delle cose vecchie, fatte di lacrime, lutto, lamento, affanno, morte (cfr Ap 21,4) – consiste nell’uscire dalla condizione di peccato e dalle conseguenze di esso in cui si trova l’umanità; è il nuovo cielo e la nuova terra, la nuova Gerusalemme, in contrapposizione a un cielo e a una terra vecchi, a un antiquato ordine di cose e ad una vetusta Gerusalemme, travagliata dalle sue rivalità. Non è indifferente per la costruzione della città dell’uomo l’immagine della nuova Gerusalemme, che scende «dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo» (Ap 21,2) e si riferisce direttamente al mistero della Chiesa. È un’immagine che parla di unarealtà escatologica: essa va oltre tutto quello che l’uomo può fare; è un dono di Dio che si compirà negli ultimi tempi. Ma non è un’utopia: è realtà già presente. Lo indica il verbo al presente usato da Dio – «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5) –, con l’ulteriore precisazione: «Ecco sono compiute!» (Ap 21,6). Dio, infatti, sta già agendo per rinnovare il mondo; la Pasqua di Gesù è già la novità di Dio. Essa fa nascere la Chiesa, ne anima l’esistenza, rinnova e trasforma la storia. Questa novità comincia a prendere forma anzitutto nella comunità cristiana, che già ora è «dimora di Dio con gli uomini» (cfr Ap 21,3), nel cui seno Dio già opera, rinnovando la vita di coloro che si sottomettono al soffio dello Spirito. La Chiesa è per il mondo segno e strumento del Regno che si realizza innanzitutto nei cuori. Un riflesso di questa stessa novità si manifesta anche in ogni forma di umana convivenza animata dal Vangelo. Si tratta di una novità che interpella la società in ogni momento della storia e in ogni luogo della terra, e in particolare la società europea che da tanti secoli ascolta il Vangelo del Regno inaugurato da Gesù. 

Ecclesia in Europa, 106-107.




Programma esami