Le sfide cruciali per la riflessione etica oggi

Atti dell’VIII Congresso Internazionale Redentorista di teologia Morale
(Aparecida 27 luglio – 1 agosto 2014)

Alfonsianum Newsletter  ANNO II (2015), AN008 – Roma, 11 giugno 2015

Atti 8 Congresso Aparecida 2014

Giovanni Del Missier – Andrzej S. Wodka (a cura di)

L’immagine scelta per la copertina del volume è “Il pasto dei peccatori”, di Sieger Köder (1973), recentemente scomparso.
Basandosi su una Bildmeditation di P. Pius Kierchgessner, OFMCapp, ce la avvicina il coeditore,
il prof. Giovanni del Missier.

Ultima cena molto speciale

Attorno al tavolo della cena pasquale non siedono i dodici compagni di Gesù secondo una raffigurazione che ci è familiare, ma sette persone, tre donne e quattro uomini. Cerchiamo invano tra di loro il Signore Gesù, ma gli occhi dei compagni di tavola sono diretti verso di lui. Visibili sono solo le sue mani. La sinistra invita, la destra tiene il pane. Sul tavolo – come qualcosa di delicato e prezioso – è posto un vaso con una rosa.
La comunità di Gesù è con i peccatori, con gli outsider della società che cercano una risposta alla domanda di salvezza e la felicità. In quei volti il desiderio è rivolto verso uno che li rende liberi da vincoli interni ed esterni, che infonde loro speranza, offrendo il suo amore attraversando il disagio delle loro giornate.

Chi sono i compagni di Gesù?
Seguiamo il giro da destra a sinistra. All’estrema destra, un africano del “terzo del mondo”, con un braccio fasciato e insanguinato, ferito nella lotta per il diritto alla vita della sua tribù. È un povero, uno ai margini che potrebbe diventare violento per il mancato riconoscimento della sua dignità a motivo del colore della sua pelle. È il volto scorticato e torturato dei neri ghettizzati.
Segue una signora di mondanità, di rango e di tradizione. In realtà, sembra non voler avere niente a che fare con questa gentaglia dalle mani sporche: lei non sa bene dove mettere le sue e sembra impacciata.
Poi un intellettuale con gli occhiali e la barba, forse uno studente, forse un indignato, uno che mette tutto in discussione, uno scettico e quindi uno che procura fastidio.
A capotavola un pagliaccio, un clown bianco, che dietro la propria maschera nasconde tristezza e nostalgia (un particolare caro al pittore, che ricorre in molti dei suoi quadri). È una persona che rende sopportabile la realtà e la vita quotidiana con il gioco della propria ironia, e tra risate e lacrime lascia intravvedere un riflesso della nostra vita.
Alla sua destra una donna vecchia e cieca, il volto della povertà e della disperazione, avvolta in un panno scuro, con le mani appoggiate sul tavolo, una sopra l’altra, è ricurva e in ascolto, perché non vede il padrone di casa.
Accanto a lei, una prostituta, una delle tante migliaia (del settore ambulatoriale di via Appia, lungo le strade che conducono verso “San Pastore”, dove si trova il dipinto). Per loro l’amore si compra e si vende, il corpo è il capitale e il business. La loro vita è senza una casa, senza un luogo a cui appartenere.
All’estrema sinistra, poi, un rabbino. Lo scialle di preghiera mostra la sua lealtà verso la legge del Signore che non si arrende neppure nella sofferenza più profonda, nella persecuzione e nell’odio. L’ebreo è ancora in attesa del Messia, il Salvatore del mondo, che dà la giustizia nel rispetto della legge. Il suo volto ricorda le facce delle terribili immagini dei campi di concentramento.

Un bell’esempio della nostra società
Con facce vuote, con gli occhi vuoti – occhi che sono assetati di un uomo che dia loro fiducia, che li accetti così come sono, senza chiedere chi sono, da dove vengano, senza indicare ciò che dovrebbe essere bene per loro. Occhi, che implorano di farsi conoscere oltre l’apparenza, nella propria miseria, disperazione e solitudine: «Vedete il nostro cuore bruciato?». Occhi che possono trovare risposta in Colui che siede con loro a un tavolo, con Colui che parla di amore e lo comunica, senza scandalizzarsi di chi vive nella realtà dolorosa con reputazioni sgradevoli.

Un posto per me?
L’ultimo posto alla tavola dei peccatori è una sfida. Quando mi siedo come Cristo, fratello tra fratelli e sorelle, non posso giocare a fare il signore feudale, benevolo con condiscendenza. Né è sufficiente che io sia il leader di un gruppo religioso intento a compiere una cerimonia… Invece è essenziale che io condivida e voglia partecipare, non solo al pane e al vino, ma anche al destino degli altri, alla loro disperazione, alle loro preoccupazioni, alle loro sofferenze, al loro diritto alla riconciliazione e alla protezione.
Partecipare può essere possibile solo se rompo le barriere di cui noi tutti siamo circondati: tabù sociali, mancanza di comprensione, arroganza, bigottismo, egoismo, indifferenza e apatia, senza aver paura della fatica che comporta l’impegno a combattere la miseria a fianco di chi è scomodo e marginale.
Simbolo dell’amore che trascende i confini è la piccola rosa, collocata in uno dei vasi di vetro che si è soliti riempire di vino durante i pasti in Italia. La rosa è tra il Signore e il clown come una delicata intesa tra i due, che sanno soffrire di persona, per amore dell’altro.

Presentazione di P. Enrique Lopez, C.Ss.R.

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basta rivolgersi a segreteria.economato@alfonsiana.org

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